terza storia dal campo, donne arbitroRagazze arbitro - Storie dal campo - Roba da Arbitri

Quella di oggi è la storia di un’altra giovane donna arbitro. Purtroppo per vari motivi preferiamo non rivelare l’identità della collega, per cui in questo articolo la chiameremo “Gaia”.

Gaia ci ha raccontato con molto entusiasmo la sua esperienza nell’AIA. Crede che questo piccolo progetto che stiamo avviando possa essere un’opportunità per far conoscere a chiunque abbia voglia di andare oltre le apparenze e i preconcetti la figura della donna nel mondo del calcio e dell’arbitraggio. Raccontare le storie di ragazze che quotidianamente fanno sacrifici e rinunce per dedicarsi con passione al ruolo dell’arbitro è anche un modo per incoraggiare altre donne ad intraprendere questo percorso, confidando in un futuro più dinamico in tal senso.

Gaia ci spiega di aver deciso di diventare arbitro nel settembre del 2014, all’età di quindici anni, con l’unica ambizione di portare a casa quei 0,2 crediti scolastici abbordabili. A parlarle del corso è stato un compagno di classe, segno del fatto che il passaparola e l’esempio dettato dalle esperienze dei propri coetanei restano ancora il veicolo più efficace per incuriosire i giovani verso il mondo arbitrale. Gaia si reca alla prima lezione completamente ignara e inconsapevole di cosa le aspettasse.

Il gap atletico tra uomo e donna c’è, ma con sacrificio può essere superato

Tra le difficoltà incontrate da Gaia all’inizio del suo percorso la prima è stata la preparazione atletica. Nonostante avesse da sempre praticato sport, correre tutti quei kilometri per arrivare a fine gara era una sofferenza immane. La differenza l’hanno fatta la frequenza continua agli allenamenti del gruppo sezionale arbitri e la caparbietà che ogni giovane arbitro dimostra nell’affrontare le difficoltà che il ruolo comporta:

La costanza nel recarmi al polo insieme agli altri arbitri però mi ha ripagata, partecipare agli allenamenti mi ha permesso di conoscere tanti colleghi che ad oggi reputo amici a prescindere dall’ambiente sezionale. Inoltre allenarmi insieme a loro mi ha permesso di superare i miei limiti e infatti, piano piano, i miglioramenti si sono fatti sentire (e vedere dall’OT sugli spalti).

L’allenamento è un buon punto di partenza ma è necessario anche conoscere il ruolo in tutte le sue sfaccettature

Un’altra difficoltà che Gaia ha riscontrato è sicuramente nella gestione dei giocatori salendo di categoria, più precisamente, nel capire il modo migliore per approcciarsi a ragazzi sempre più grandi e con maggiore esperienza calcistica alle spalle. Andare a vedere partite della categoria subito superiore alla sua e confrontarsi con i colleghi che già l’avevano arbitrata si è rivelato fondamentale per permetterle di conoscere l’ambiente e di arrivarci preparata.
La partita più difficile che ricorda di aver arbitrato è stata la prima:

Caos più totale. Non sapevo cosa fare, dove andare e neanche cosa ci facessi lì. Per fortuna me ne diedero una seconda.

Cosa significa essere una donna ed essere un arbitro

Per quanto riguarda l’aspetto donna-arbitro Gaia ci spiega che per quella che è la sua esperienza personale ha avuto modo di riscontrare aspetti negativi e positivi.

Tra quelli negativi sicuramente i commenti di alcuni tifosi, che appena mi vedono iniziare il riscaldamento iniziano con lamentele del tipo ‘’ah finora non abbiamo perso una partita, sicuro questa finisce per combinare qualche casino e ci farà perdere’’, oppure ‘’ma perché proprio a noi oggi ci è toccata la femmina’’.. Commenti sterili che immagino molte colleghe sentano continuamente, ma che raramente si sentono sugli spalti durante il riscaldamento di colleghi uomini.
Dall’altro lato, trattamenti diversi ma positivi ricordo di averne ricevuti ben pochi, per la maggior parte gentilezze da parte di custodi accorti che, ad esempio, nella partita dell’8 marzo mi lasciavano un ramoscello di mimosa nello spogliatoio. Un gesto semplice che ho apprezzato davvero tanto.

Le esperienze dal campo non mancano di regalarci episodi esilaranti

Gaia ci racconta che l’episodio più simpatico che le è capitato è accaduto durante una gara in un giorno piovoso su un campo di terra, che alla fine del primo tempo era già diventato una pozza di fango.

Lancio lungo, mi giro per seguire l’azione ma finisco accidentalmente sulla traiettoria dell’11 che inciampa e per effetto domino cadiamo entrambi nel fango. Anzi, io cado nel fango.. lui resta lindo e pinto poiché cade proprio su di me! Io per un attimo perdo i sensi e quando riapro gli occhi vedo l’11 tirare un sospiro di sollievo, grato che fossi ancora viva e vegeta. Nel frattempo alcuni calciatori, dopo aver recuperato fischietto e cartellini finiti nel fango, provano a pulirli con le loro magliette ancora più sudice mentre i dirigenti si affrettano a recuperare tutte le bustine di zucchero presenti in panchina per cercare di farmi riprendere. Io non riesco a non trattenermi dalle risate e dopo aver ringraziato tutti per le attenzioni ricevute, proseguo la partita.

Gli aspetti belli dell’essere un arbitro: la possibilità di crescita sia personale che nel ruolo

Gaia è certa che diventare un arbitro è stata la scelta migliore che potesse fare. Le cose che ha imparato arbitrando non si limitano al saper distinguere quando concedere un calcio di rigore anziché un calcio di punizione dal limite. Si tratta di acquisire competenze ben più ampie: dal sapersi relazionare con ogni tipo di persona all’assumersi la responsabilità di tutte le proprie azioni. Dal prendersi l’impegno di svegliarsi anche alle 5 di domenica mattina, dopo una settimana stancante, all’imparare ad orientarsi nei paesini più piccoli e sperduti della provincia, in cerca del campo. Tutto questo in brevissimo tempo e a soli quindici anni. Ecco la differenza tra fare l’arbitro ed essere un arbitro.
Gaia afferma:

È un’esperienza unica che consiglierei non solo alle mie amiche, ma a tutte le ragazze che con passione, serietà e tanta pazienza hanno il coraggio di mettersi in gioco. L’adrenalina che precede la partita e il momento in cui si esce dagli spogliatoi per andare sul terreno di gioco sono momenti che solo chi li ha provati può capire, il primo perché, insieme a tutte le operazioni preliminari alla gara si entra nel vivo della gara stessa, il secondo perché da lì in poi tutto il resto sparisce e c’è solo la partita.

Senza campo non è più domenica e la pandemia purtroppo ce lo ha ricordato

Gaia, noi di Roba da Arbitri vogliamo ringraziarti per averci raccontato la tua esperienza. Ti auguriamo di ritornare presto a svolgere il ruolo di arbitro con passione e determinazione come hai sempre fatto. Confidiamo che il tuo esempio, unito a quello di altre colleghe che come te ogni domenica scendono in campo con grande professionalità, possa portare ad una maggiore apertura del mondo arbitrale e del calcio in generale verso le donne.

Cadendo la goccia scava la pietra, non per la sua forza ma per la sua costanza.

Lucrezio

Se sei una ragazza e vuoi raccontarci la tua esperienza, compila il form!

Roba da Arbitri

Di Roba da Arbitri

Roba da Arbitri a la più grande community di arbitri al mondo!

Commenta