donna arbitro

Torniamo a raccontarvi l’esperienza di una collega giovanissima! Jessica ha solo 20 anni ed è arbitro da quando ne ha 17. Tutto ha inizio per gioco: un amico le chiede di accompagnarlo a questo famoso corso per arbitri di calcio e una volta lì la lezione la coinvolge a tal punto da decidere di proseguire fino all’esame. Jessica ci spiega che nel suo caso si è trattato di una vera e propria scoperta. Non si era mi mai interessata al calcio prima e seguiva raramente le partite, ma la possibilità di fare esercizio fisico, ottenere un piccolo guadagno ed avere anche un credito scolastico, le è parsa la combinazione ideale per avvicinarsi a questo mondo nuovo!

Il mondo degli arbitri è fatto anche di sacrificio e costanza

Jessica ci racconta che una delle più grandi problematiche che riscontra è il riuscire ad affrontare con carattere, e soprattutto con rispetto, persone diverse, con comportamenti diversi ogni settimana. È davvero dura, soprattutto per una ragazza, riuscire ad imporsi in tali circostanze. Spesso in questo ambiente ci si imbatte in persone che ancora oggi reputano la donna non adatta al ruolo, considerando gli arbitri donne meno competenti dei colleghi maschi. Inoltre, all’esterno può passare il messaggio che essere arbitro sia facile: Un’oretta e mezza al massimo con pochissimi gesti da fare.

La verità è che questa attività comporta dei sacrifici. Il doversi svegliare prestissimo nel fine settimana, unico momento in cui ci si potrebbe riposare dallo studio o dal lavoro. Andare ad arbitrare partite anche a molte ore dalla propria casa, anticiparsi per arrivare con molto anticipo rispetto all’orario previsto per l’inizio della gara. Noi arbitri dobbiamo prepararci per la partita e non solo atleticamente, come molta gente pensa. Jessica però lo fa con passione, sostenuta dalla famiglia e dagli amici. Ci tiene a sottolineare e a voler ringraziare la sua mamma, perché pazientemente l’accompagna alle partite senza farle mai mancare il necessario supporto.

La donna arbitro: Un argomento ancora taboo

Jessica ci spiega il suo punto di vista sulle differenze di trattamento che vengono riservate alle ragazze arbitro. Fin da subito ha percepito il fatto che le persone non siano abituate a vedere in un campo da calcio una donna. Nell’ambiente calcistico, soprattutto in Italia, è ancora presente un forte maschilismo e questo non è sicuramente facile da subire ogni domenica. Inoltre non accade di rado di arrivare al campo e subire delle avance da parte di calciatori e, talvolta, anche da parte degli stessi allenatori. Altre volte, invece, dal pubblico si levano le solite frasi sessiste come <<torna a cucire>> o <<torna in cucina>>.

Jessica è convinta che la questione della donna arbitro sia ancora un argomento molto delicato che il pubblico, generalmente, non è ancora pronto ad affrontare. Infine, una cosa che l’ha molto colpita è che spesso siano i genitori degli stessi calciatori a meravigliarsi per il fatto che sia una donna a dirigere la gara. Come possiamo pretendere che in campo si respiri un clima di accettazione se sugli spalti, coloro che dovrebbero dare l’esempio, sono i primi ad inveire nei nostri confronti e a deriderci? Jessica ci confessa:

I primi tempi le critiche sessiste mi facevano stare male e mi sentivo umiliata. Con l’esperienza però mi sono abituata a sentirle ed ho iniziato ad ignorarle, perché non vale la pena soffrirci. Ho sviluppato una specie di scudo intorno a me, ogni insulto mi scivola addosso, come è giusto che sia.

Fortunatamente essere arbitro ci fa vivere anche situazioni rocambolesche e divertenti.

Jessica ci racconta un episodio accaduto ad un suo collega durante una gara alla quale lei ha assistito. Alla sua seconda partita insieme al tutor, figura che viene assegnata agli arbitri esordienti per le prime tre prestazioni, gli è capitato di fraintendere una situazione di gioco. Inesperto e confuso, il collega assegna un rigore inesistente ad una delle due squadre in campo. Vedendosi inveire contro i calciatori e cogliendo lo sguardo perso del tutor, il ragazzo inizia ad agitare le mani, abbozzando il simbolo che segnala l’utilizzo del VAR nelle categorie superiori, Come avviene in TV. Sfruttando questa trovata sperava di poter annullare la sua decisione. Inutile dire che quella fu la sua ultima partita da arbitro, nonché la seconda partita di calcio alla quale ha assistito in tutta la sua vita.

Jessica, noi di Roba da Arbitri vogliamo ringraziarti per averci raccontato la tua esperienza.

Ti auguriamo di ritornare presto a svolgere il ruolo di arbitro con passione e determinazione come hai fatto finora. Confidiamo che il tuo esempio, unito a quello di altre colleghe che come te ogni domenica scendono in campo con grande professionalità, possa portare ad una maggiore apertura del mondo arbitrale e del calcio in generale verso le donne.

Se sei una ragazza e vuoi raccontarci la tua esperienza, compila il form!

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Di Roba da Arbitri

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