Donne arbitroRagazze arbitro 9 - Storie dal campo - Roba da Arbitri

Eccoci di nuovo con la nostra rubrica settimanale sul mondo del calcio, ed in particolare dell’arbitraggio, visto e raccontato direttamente dalle nostre ragazze arbitro. Quella di oggi è l’esperienza di Beatrice, nome di fantasia con cui chiameremo la protagonista di questo racconto. Bea ama il calcio, da sempre. Avrebbe voluto iniziare a giocare, ma a 18 anni pensava fosse ormai troppo tardi, così su consiglio di un amico già associato ha scelto la strada più impervia: quella dell’arbitro di calcio.

Cosa vuol dire essere una donna arbitro

Purtroppo ancora oggi ci sono molti stereotipi nei confronti delle donne arbitro, è ancora un tabù vedere una donna ricoprire un ruolo che per molti anni è stato considerato esclusivamente maschile. Ancora più difficile da accettare è il fatto che sia una donna a dirigere una competizione sportiva tra uomini. Tuttavia né stereotipi né i vari commenti hanno mai scoraggiato Beatrice. Quelli che riceve più spesso provengono dalle tribune, fortunatamente in campo è diverso.

Io rispetto i calciatori, dirigenti e gli allenatori, sono un arbitro solare, sempre con il sorriso, credo che in questo modo sia più facile essere accettati ed ascoltati, ma ciò non toglie che pretendo rispetto, appena mi rendo conto che viene a mancare faccio valere la mia autorevolezza.

L’esperienza più difficile

La peggior esperienza che Bea ha affrontato coincide con l’esordio in terza categoria. Sempre più spesso ci accorgiamo di come questo sia uno dei momenti topici per la formazione di un arbitro, soprattutto dal punto di vista caratteriale. Anche Beatrice, nonostante la sua determinazione, è stata messa a dura prova. La squadra ospite si presenta con 45 minuti di ritardo. I calciatori sembrano improvvisarsi tali al momento, mostrando forti lacune dal punto di vista regolamentare oltre che tecnico. Beatrice ricorda di aver arbitrato per 45 minuti tra insulti e battutine di ogni genere. Mentre i vari calciatori di tanto in tanto, dicendosi stanchi, si riposavano un po’ in panchina.

La gara si è conclusa con tre espulsioni, un calciatore che ha abbandonato autonomamente il tdg a metà del secondo tempo e con un supplemento al referto lungo un’intera pagina. Tra il primo ed il secondo tempo la squadra locale ha fatto un coro a suo nome. All’espulsione di un titolare un individuo dal pubblico le urla “ficcatelo su per il c*** il cartellino che magari rimani incinta”. Sappiamo che è una frase abbastanza forte da riportare ma non c’è da scandalizzarsi, è solo una minima parte di ciò che noi arbitri siamo abituati a sentirci gridare dalle tribune ogni domenica, semplicemente per il ruolo che ricopriamo. Ah, il risultato finale è stato 0-17.

La parte bella dell’essere arbitro

Beatrice cerca di non dar peso a questi aspetti e sottolinea il rispetto che quasi abitualmente le viene riservato in campo. Anzi spesso, l’essere donna, comporta il ricevere una maggiore premura da parte degli addetti ai lavori. Ad esempio quella volta che ha preso una leggera pallonata in testa e nel giro di pochi secondi aveva intorno tutti i calciatori e i due massaggiatori con le bottiglie d’acqua per sincerarsi che stesse bene. Probabilmente non avrebbero avuto la stessa accortezza se si fosse trattato di un arbitro uomo.

Per non parlare dei messaggi buffi che si ricevono nel post gara. Bea ne ricorda uno in particolare:

“scusa se ho giocato male oggi, ma guardavo solo te”.
Dopo averlo letto ho riso molto ma il poeta-calciatore non ha mai ricevuto risposta.

Beatrice, grazie per averci raccontato la tua esperienza e per aver scelto di partecipare al nostro progetto! La realtà delle ragazze arbitro pian piano sta crescendo e, attraverso la vostra testimonianza, speriamo possa diventare al più presto una consuetudine a cui non fare più caso!

Se sei una ragazza e vuoi raccontarci la tua esperienza, compila il form!

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