MARCO SERRA, sezione di Torino.
Nasce a Torino il 9 settembre 1982.
Arbitro della CAN B dal 2015.
La carriera da Arbitro di Marco Serra
Marco ha iniziato ad arbitrare nel 2001, all’età di 19 anni. In 11 anni è arrivato a dirigere gare del calcio professionistico. Dal 2012 al 2015 è stato protagonista in Lega Pro con 53 direzioni, prestazioni che gli hanno permesso di essere promosso, nella Stagione 2015-2016, in Serie B. L’esordio in Serie B è datato 12 settembre 2015, gara Avellino-Modena. Successivamente ha esordito in Serie A il 20 aprile 2016 in occasione della gara Empoli-Verona.
Il 1º settembre 2020 viene inserito nell’organico della CAN, nata dall’accorpamento di CAN A e CAN B: dirigerà sia in Serie A che in Serie B.
La decisione di diventare arbitro
Ho fatto per anni il calciatore. Ma col passare del tempo la passione scemava sempre più. Smisi. Un giorno mio zio mi disse: “Ma perché non provi a fare l’arbitro?”. Provai… ed era più bello che giocare!
Una gara speciale
Ua partita che porto nel cuore? Nardò-Bisceglie in Serie C: 4-4 risultato finale, due rigori, tre espulsi e 2500 spettatori sugli spalti. Non ero abituato… emozione pura!
La gara di Terza Categoria a settembre 2021
Qui sotto riportiamo le parole di Fabrizio Zecchi, allenatore di Resistenza Granata, società torinese di terza categoria.
Il ricordo è quello di una persona a livello umano encomiabile: super gentile e disponibile, ci aveva chiesto collaborazione in un modo assolutamente apprezzabile. Ebbe un modo di porsi con i calciatori che mi colpì: nessuna altezzosità né metodi autoritari ma molto dialogo con giocatori di livello ovviamente molto inferiore rispetto a quelli con cui ha a che fare di solito. Dal punto di vista tecnico, che dire, quella partita fu per lui un allenamento: atmosfera all’insegna della correttezza e nessuna protesta, anche perché i ragazzi non osavano aprire bocca!
Milan – Spezia: ripartire dopo un errore
E’ stato un un errore mio, il VAR non può far nulla. Ed è la situazione peggiore che può accadere ad un arbitro. Nella mia testa c’è un errore di priorità. Mi concentro su Rebic e Bastoni e penso “se lo tocca è fallo”. Sta tirando, non può non fare fallo. Mi perdo lo scenario completo, non vedo Messias che sta per tirare in porta. Ricordo di aver pensato “speriamo che non la butti dentro“, mentre quando Gyasi ha fatto gol al 96′ all’auricolare ho esclamato “non ci credo!“
Credo che Rebic sia partito con l’idea di strangolarmi. Poi penso che abbia capito da uomo di campo che anche lui magari avrà sbagliato un gol a porta vuota, ed era quello che avevo fatto io in quel momento. Credo che tanti di noi arbitri, forse tutti, avremmo avuto la stessa reazione, dal più giovane al più vecchio, sono sicuro.
Al ritorno negli spogliatoi è passato qualche giocatore del Milan, affranto quanto lo ero io. Calabria da capitano mi ha detto parole di conforto, Florenzi, che era affranto come me, mi ha abbracciato, poi passano Theo Hernandez e Brahim Diaz e anche loro mi hanno detto di tirarmi su e reagire perché tutti sbagliamo. E poi è arrivato Ibrahimovic, la sostanza del suo discorso era: “ora dimostra di essere forte e reagisci!”.
Nello stato emotivo in cui ero, probabilmente non ho apprezzato fino in fondo il gesto dei calciatori; penso di aver realizzato completamente solo il giorno seguente.
Quella notte ho dormito, forse un’oretta sul divano…