Di Martino ArbitroAntonio Di Martino - Roba da Arbitri

ANTONIO DI MARTINO, sezione di Teramo.

Nasce a Giulianova il 22 dicembre 1987.

Arbitro della CAN B dal 2016.

Cosa fa fuori dal terreno di gioco Antonio Di Martino

Insieme alla scalata nel mondo arbitrale, Antonio non ha rinunciato ad aiutare papà Luciano e il fratello Loris nella gestione dell’attività di famiglia: un ristorante a base di pesce situato proprio nel lungomare di Giulianova, loro città natale.

La carriera da Arbitro

Ha iniziato ad arbitrare nel 2003, arrivando alla CAI sei anni più tardi e passando in Serie D nel 2010. Nel 2012, dopo soli due anni in D, viene promosso in Lega Pro, categoria nella quale resta per quattro stagioni. Durante il terzo anno in CAN PRO vince il Premio Sportilia come miglior arbitro giovane della categoria. Nel 2016 passa alla CAN B , debuttando nella serie cadetta il 2 settembre, in occasione di Virtus Entella-Avellino. Il 14 maggio 2017 esordisce in Serie A, nella partita Bologna-Pescara. Il 21 marzo 2018 viene insignito della prima edizione del Premio dedicato al giudice Rosario Livatino, in quanto esordiente più giovane nella massima serie nella stagione precedente.

Il 1 settembre 2020 viene inserito nell’organico della CAN: dirigerà sia in Serie A che in Serie B.

I primi passi nell’associazione

Una passione nata per caso. E’ stato un vicino di casa, a Giulianova, a portarlo nella sezione AIA di Teramo. Un osservatore arbitrale che lo ha avvicinato a un mondo che ben presto è diventato suo. Esattamente nel 2003, quando ha messo in bocca per la prima volta un fischietto e ha arbitrato una partita del campionato Giovanissimi, Ancarano-Villa Rosa. Buono l’approccio, buone le sensazioni dei dirigenti della sezione AIA di Teramo che l’hanno incoraggiato verso un cammino che lo ha portato fino alla Serie A.

Riflessioni sulla figura dell’Arbitro

Qui sotto vi riportiamo due riflessioni sulla figura dell’Arbitro che Antonio ha presentato ai giovani associati durante le RTO tenute in diverse sezioni italiane.

Parallelismo tra l’arbitraggio e il mondo degli chef stellati

Facendo riferimento al film “Il sapore del successo”.

Il protagonista, Adam Jones, ha due stelle Michelin, e dopo vari problemi personali apre un nuovo ristorante e aspira alla terza stella Michelin: proprio come un arbitro aspira ad un passaggio di categoria, a una prestazione positiva. Antonio ha fatto notare come anche nell’arbitraggio le questioni di vita “extra-campo” di un arbitro possano incidere negativamente, anche inconsciamente, sulle proprie prestazioni, e ha quindi invitato a lavorare per scendere in campo il più sereni possibile e a mente sgombra.

Un altro interessante parallelismo si ha quando il protagonista del film e il suo staff individuano in sala due persone che sembrano essere ispettori Michelin: lo chef e il suo staff allora preparano tutto con eccessiva maniacalità, con grande ansia e con paura dell’errore, creando grande tensione e attesa; questo clima porta a una serata disastrosa. Questo nell’arbitraggio succede quando si vuole strafare, quando si prepara la partita con ansia e si ingenera tensione nella terna: a quel punto basta un piccolo errore, un piccolo imprevisto, per gettare tutto all’aria, e l’arbitro non è più in grado di riprendere in mano il controllo della situazione.
I due clienti non erano però ispettori Michelin, e il destino concede una seconda chance a Adam, proprio come nel mondo arbitrale un voto negativo non conclude il percorso, ma si ha modo di riscattarsi nelle partite successive.

Quando una sera si presentano veramente gli ispettori Michelin, il protagonista del film affronta la “sfida” con uno spirito totalmente diverso: fa le cose semplici e con serenità, tratta in maniera corretta il proprio staff, motivandolo, fa cioè quello che sa fare bene, cucinare. La serata è un successo, e riesce a ottenere la terza stella. Questo si verifica quando si prepara la partita con il giusto spirito, quando i motivano gli assistenti, quando si fanno in campo le cose semplici e che si sanno fare bene: i risultati non possono che essere positivi, e davanti ad errori ed imprevisti si riesce a reagire prontamente e con serenità.

I punti di incontro e le somiglianze tra arbitro e artista

In effetti l’artista si forma nella bottega d’arte così come l’arbitro si forma nella Sezione. L’obiettivo dell’artista è la tela perfetta, che per l’arbitro è rappresentata dalla partita perfetta, ma entrambi non lo potranno mai raggiungere. Questo perché nessuna tela sarà mai perfetta per l’artista come nessuna partita lo sarà per l’arbitro: c’è sempre da migliorare.

Osservando tre opere d’arte appartenenti a stili diversi, possiamo mettere in relazione le diverse sensazioni che le opere provocavano alla loro visione.
La prima opera, “La Città ideale”, è caratterizzata da precisione, equilibrio, fiducia, prospettiva ed innovazione. Quest’opera è quella che più si potrebbe avvicinare alla partita “perfetta” dell’arbitro, che gestisce la gara nella maniera più adatta ed efficiente.
Le altre due opere, “L’Urlo di Munch” e “Guernica di Picasso”, provocano forti emozioni nello spettatore che spesso rimane confuso e distratto dall’opera, caratterizzata dalla frenesia, da spazi non definiti e da linee confuse. Queste due opere possono essere messe in relazione con una partita non eccellente dell’arbitro, che subisce un crollo psicologico, un calo dell’autostima e un forte stress tale da comportare il commettere errori che possono essere significativi durante lo svolgimento della gara.

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